


la vigilia:
"Ho scritto tempo fa come arrivò la scintilla che accese le braci della passione che nutro per le moto.
Dopo avere ammirate e desiderate in modo scomposto e disordinato, ma averle sempre avvertite come lontane ed irragiungibili, nel settembre 1983, bastò incontrarne una e sentire una frase come: "Eriberto l'ha appena ordinata"per realizzare che la cosa era possibile anche a me ed iniziare un'avventura lunga una vita.
Dieci anni più tardi, leggendo un consiglio ad un lettore su Motosprint decidevo che le moto sarebbero diventate la mia vita, oltre che il mio gusto!
Il desiderio si trasformò in una missione, il più invitante dei paradisi, la più agognata delle oasi in un'agonia di sete atroce.
Per anni mi dette energie sconosciute e mi fece compiere imprese degne di questo nome.
Avevo deciso, dopo un po' di ragionamenti, di sviluppare la mia tesi di laurea presso la Bimota ed in collaborsazione con loro per quel che riguardava la parte più squisitamente tecnico pratica, utilizzando dati reali acquisiti tramite "telemetria". Il resto lo avrei svolto presso i laboratori dell'università di Genova, dove ancora risiedevo. Dopo qualche mese di "tribolazione", mentre pensavo che scegliendo una strada più lineare, come avevano fatto tanti miei colleghi, a quel punto sarei già stato laureato, mi arriva da parte dell'Ing. Marconi, direttore tecnico, la proposta di entrare a far parte del loro staff, occupandomi all'inizio, di un paio di progetti di ricerca che sarebbero stati il naturale completamento del lavoro che avevo svolto fino a quel momento: lo sviluppo di un ammortizzatore con controllo elettronico della frenatura idraulica, e un sistema per la regolazione automatica dell'assetto per la Bimota Tesi. In seguito sarei poi stato integrato nel più vasto sistema produttivo dell'azienda.
Non vi dico il mio stato d'animo, mi si offriva di andare a fare qualcosa per cui sarei stato disposto a pagare qualcosa, in una azienda che, nel suo piccolo, rappresentava una punta di eccellenza del panorama motoristico italiano. Tra l'altro in quegli anni Bimota partecipava attivamente al mondiale superbike con la SB7, e a livello nazionale vinceva campionati delle derivate di serie con le sue 600 motorizzate Yamaha.
Ricordo che iniziai a lavorare un mese prima di laurearmi e nelle pause pranzo approfittavo per stampare, e dare gli ultimi ritocchi alla tesi che portai a rilegare, a preparare i lucidi per la discussione, in un crima di grande impegno ma anche di grande euforia. Poi cominciai a disegnare col sistema: se non l'hai mai fatto, fallo, così impari! Il clima nell'UT era impegnato ma sereno e veramente amichevole, come si addice ad un ambiente affollato, in Romagna. Infatti mi obbligarono subito ad offrire il pranzo di benevenuto a metà azienda: tutto l'UT e le ragazze dell'amministrazione :-)
Qualche mese più tardi mi venne affidato il primo vero incarico di grande responsabilità: dirigere il rifacimento del modellod i successo SB6, che doveva diventare SB6R
http://www.motorcyclespecs.co.za/Gallery/Bimota%20SB6R%20%204.jpg
Quella fu una vera grande avventura: pur essendo un principiante cominciai pian piano ad entrare nei meccanismi progettuali e realizzativi di un nuovo prototipo, a conoscere le persone coinvolte ed il loro modo di lavorare, dal designer al meccanico saldatore, ai montatori, ai collaudatori, al lavoro coi fornitori e alla sala prova motori.
Ero una pianticella che stava mettendo le sue radici e producendo i primi ramoscelli. Parallelamente a quello, con molta più laboriosità stava prendendo vita il progetto 500V2, che essendo un veicolo completamente nuovo ed interamente prodotto all'interno, aveva bisogno di tempi e cure enormemente superiori, cui io non partecipai se non accidentalmente o per qualche componente comune. Nel giro di 7-8 mesi uscirono i primi esemplari di SB6Rdi preserie, mentre la moto fu presentata in anteprima al salone di colonia del 1996, al quale ebbi la fortuna di partecipare.
In quel mentre però cominciai a capire che la situazione aziendale non era delle migliori. La politica di allargare la base produttiva, puntando al contenimento dei costi, non aveva i risultati sperati anzi si stava un po' snaturando il prodotto Bimota, nato per essere esclusio, elitario e performante, volgarizzandolo un po' ma con costi che rimanevano di un 50% superiori alla miglior produzione giapponese. Per fortuna in quei mesi potei prvare, in occasioni diverse, quasi tutta la gamma, ad esclusione della 500V2 che ebbi solo l'onore di recuperare in pista a Misano dopo una caduta e di accompagnare, nella veste del suo modello, in quel di Barcellona, ove risiedeva l'atelier che si occupava della produzione delle carene in termoformato.
Nonostante le difficoltà, la fretta ed alcune problematiche di diversa natura, parallelamente al completamento della 500V2 fu iniziato il progetto della SB8R.
Doveva essere una pietra miliare nella stoia Bimota, la moto del rilancio tecnico e della riscossa nel mondiale SBK, dopo la delusione subita nell'anno dell'esordio dove Tardozzi su YB4EI arrivò secondo, a pochi punti da Merkel su Honda.
Il coordinatore, product manager ero io. Mi fu data parecchia fiducia e l'assicurazione che le cose si sarebbero realizzate nel migliore dei modi, avendo io a disposizione tutte le risorse umane disponibili.
Purtroppo mi resi conto che le cose erano bene diverse da quelle che sarebbero dovute essere e dopo aver accumulato circa 2 mesi di ritardo rispetto al Gantt inizialmente proposto (che aveva come meta intermedia il salone di milano di settembre 1997, e finale la messa in produzione nella primavera del 98).
Cominciai a comprendere la differenza tra promesse e premesse e lo stato reale delle cose, in cui se ti lamenti di qualcosa che non va, ti si risponde, ma era compito tuo mettersi in grado che andasse. Vero ma amaro. Pian piano l'immensa nube di idealismo che mi avvolgeva completamente, inizia a vedere le prime bolle che la componevano implodere, lasciando un acre odore di bruciato. Nei mesi a seguire maturò in me la convinzione che non era poi così importante quel che si faceva, quanto il modo in cui si faceva e se, per cause di forza maggiore, eri costretto a fare male quello che amavi di più, tanto valeva dedicarsi a dell'altro. Scrissi una lunga lettera all'Ing. Marconi, evidenziando tutti i punti all'origine del mio malessere concludendo che se non avessi visto mutare un po' l'atteggiamento aziendale, avrei preferito non rinnovare il contratto che sarebbe scaduto proprio pochi giorni prima del salone di Milano. Dopo circa un mese, in cui pian piano mi sentivo diventare invisibile e sempre meno gente mi cercava o si premuniva di salutarmi, Marconi mi disse alcune cose che compresi poi solo a distanza di anni, diventando io stesso, in qualche modo dirigente/imprenditore. Insomma le condizioni per rimanere lì non c'erano più.
Un grande senso si frustrazione mi pervadeva, unito però alla consepevolezza di aver salvato qualcosa, riseparando il lavoro malgestito (tant'è che due mesi dopo di me lo stesso Marconi migrò in Aprilia nello stabilimento che questa aveva aperto a San Marino), dalla passione più limpida e cristallina.
Me ne rimasi coi cocci di un sogno andato prematuramente in frantumi, il mio fido Tengai
http://used-bikes.vivastreet.co.uk/motorbikes-sale-buy+hereford-hr1/kawasaki-tengai-650/17341031/p#2
e due biglietti aerei per un meraviglioso viaggio in Scandinavia che avrebbe reso più dolce il mio distacco....."
Purtroppo qualcuno mi ha passato questo link ed è tutto il pomeriggio che mi domando se gli sport motoristici hanno ancora ragione di esistere. Su MB addirittura qualcuno si è spinto ad accusare i genitori perchè le moto sono uno sport da uomini.
Un commosso abbraccio alla famiglia.
http://www.bikeracing.it/civ/13397_lutto-nel-motociclismo-italiano-e-scomparsa-beatrice-bossini/